Home Scienze cultura e spettacolo Cerotti smart, ecco come si potranno curare le ferite dei coralli

Cerotti smart, ecco come si potranno curare le ferite dei coralli

Biocompatibili e biodegradabili, i cerotti rilasciano farmaci in grado di curare le parti malate

C’è una novità importante nel trattamento delle malattie dei coralli, minacciati  dalle infezioni provocate da inquinamento, cambiamenti climatici e dalle attività umane: grazie a cerotti smart, realizzati in Italia e basati sulle stesse tecnologie di quelli usati per curare le ferite sull’uomo, farmaci come antibiotici e antiossidanti potranno essere rilasciati  in modo controllato sulle parti malate.

I cerotti sono stati messi a punto dall’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) in collaborazione con il MaRHE Center (Marine Research and High Education Center alle Maldive) dell’Università di Milano-Bicocca.

La loro efficacia è stata provata mediante test specifici della durata di dieci giorni in acquario e di quattro mesi alle Maldive, sui coralli della specie Acropora muricata, tra le specie a rischio indicate dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn). Queste specie sono minacciate da oltre 40 malattie e finora non erano stati ancora sviluppati sistemi efficaci per la prevenzione o la cura.

Curare i coralli in loco

“Il trattamento consentirà di poter caricare nel primo cerotto farmaci specifici a seconda del tipo di infezione, da anti-batterici ad anti-protozoi e anti-fungini, così da creare un trattamento ad hoc per le specifiche infezioni dei coralli”, spiega Marco Contardi, del gruppo Smart Materials dell’Iit e anche primo autore dello studio. Successivamente viene applicato un secondo cerotto per sigillare la parte danneggiata, in modo da evitare ulteriori infezioni.

Si tratta di “una novità assoluta nello studio e nel trattamento delle malattie dei coralli”, aggiunge Simone Montano, del dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra (Disat) e del MaRHE center dell’Università di Milano-Bicocca. “Ad oggi, per limitare l’impatto di queste patologie, la tecnica che viene più comunemente utilizzata è la totale o parziale rimozione della colonia, con conseguente ulteriore danno alle comunità coralline. Grazie a questo studio – aggiunge – si potrebbe curare direttamente in loco i coralli malati permettendo una conservazione più efficace di uno degli ecosistemi naturali più meravigliosi del nostro pianeta”.
Secondo un recente studio la barriera corallina sarebbe danneggiata anche da un composto chimico presente nelle nostre creme solari, che ne logora il Dna, portandolo lentamente alla morte.