Lo hanno dimostrato Stefania Borghini (Università Bocconi), Chiara Mauri (Sda Bocconi), Maria Elena Cavazzana (Sda Bocconi) ed Emanuele Fiordalisi (Ferrero) nel paper “We want a better world where all kids can have branded stuff”. Children ideologies on brands and advertisement, con un esperimento che ha coinvolto 169 bambini di due cittadine nel Nord-Ovest della provincia di Milano.
Ai bambini è stato consegnato un giornalino appositamente creato, contenente fumetti e pubblicità reali di sette marche di abbigliamento e zaini per la scuola. Gli è poi stato chiesto di creare, con la tecnica del collage, pagine pubblicitarie per quelle stesse marche. I bambini sono stati intervistati prima e dopo il lavoro e osservati durante il suo svolgimento.
Ebbene, scrivono gli autori, “la marca è un concetto ben radicato nella mente dei bambini”, come testimoniano affermazioni come: “La marca distingue i buoni prodotti da quelli scadenti” o “La marca garantisce il prodotto” o, ancora, “La marca è un simbolo, una firma che si mette sui prodotti per renderli diversi e riconoscibili”. La maggior parte dei bambini si è dimostrata in grado di identificare con precisione la categoria di prodotto e il target di riferimento di ogni marca, ricordando anche i messaggi pubblicitari diffusi su diversi media.
È sorprendentemente chiaro anche il valore simbolico delle marche. “Le marche di abbigliamento preferite dai bambini”, scrivono i quattro autori, “sono quelle che gli consentono di comunicare agli altri il proprio io e di ottenere accettazione sociale tramite il conformismo”. I bambini, nel creare pubblicità originali, dimostrano inoltre competenze metalinguistiche inattese: articolano la loro argomentazione attraverso forme espressive multiple, amalgamando in modo coerente il testo e le immagini e facendo un uso consapevole delle metafore.
Per una marca di jeans, ad esempio, suggeriscono il pay-off “Indossali e ti solleverai nell’aria”, e spiegano che l’idea è che una marca di abbigliamento ti può far sentire meglio spiritualmente, senza il fardello e le preoccupazioni della vita di tutti i giorni. Nel 75% dei casi i testi e le immagini riflettono con molta precisione i font e i colori dei loghi ! delle marche.
I bambini sono stati divisi in 28 gruppi di 4-5 persone, in modo che ne risultassero quattro pubblicità per ogni marca, e nell’interazione di gruppo hanno dimostrato di agire come pubblicitari esperti, applicando diverse tecniche nell’intento di realizzare una comunicazione a forte impatto. Oltre il 60% dei lavori presenta pay-off originali o evidenti modifiche di pay-off utilizzati dalle aziende. “Tutti i pay-off”, scrivono ancora gli autori, “condividono un leitmotiv: una marca famosa aumenta le possibilità che chi la usa raggiunga una performance superiore sia dal punto di vista fisico, sia psicologico”.
I bambini sembrano, soprattutto, comprendere le connotazioni sociali e politiche del concetto di marca e cercano di sovvertirne il significato utilizzando le stesse tecniche pubblicitarie. Molti dei messaggi creati dai bambini vogliono, infatti, democratizzare e rendere accessibili a tutti i prodotti griffati. “I bambini distinguono le marche accessibili a molti da quelle appannaggio di segmenti più alti. Percepiscono dolorosamente il senso di discriminazione di queste ultime e manipolano la loro rappresentazione di quelle marche sovvertendo il loro posizionamento originale”, scrivono ancora Borghini e gli altri.
Nel 36% delle loro pubblicità i bambini propongono prodotti gratis per tutti, sconti e offerte speciali e nel 21% evidenziano comunque il prezzo dei prodotti e poi spiegano: “Abbiamo proposto offerte speciali perché vogliamo un mondo migliore, in cui tutti possano permettersi un prodotto di marca”.