La depressione potrebbe essere un campanello d’allarme rivelatore dell’Alzheimer, secondo i maggiori esperti mondiali in demenza e malattie degenerative
Una tesi che è emersa nell’ambito della conferenza internazionale “Memory in the Disease Brain”, svoltasi a Roma, organizzata dalla Pontificia Accademia delle Scienze col coordinamento scientifico di Roberto Bernabei, direttore del Dipartimento di Geriatria e Neuroscienze del Policlinico Gemelli di Roma.
Aumenta il rischio del 65%
Una conclusione molto chiara, quella a cui sono giunti i luminari in materia di malattie cronico-degenerative: la depressione in età avanzata può essere un sintomo significativo di Alzheimer, di cui è stato individuato il meccanismo di formazione. Precedenti ricerche hanno dimostrato che sono più predisposte a contrarre questa malattia, che pare sia favorita anche dall’assunzione di eccessiva carne, soprattutto le donne gelose, nevrotiche e soggette a lunghi periodi di stress.
Un risultato al quale gli studiosi sono giunti confrontando 23 studi volti a mettere in luce il nesso tra depressione e demenza. Un legame confermato dai numeri: su 50 mila anziani presi in considerazione dagli specialisti, quelli che soffrivano di depressione hanno dimostrato di avere il 65 per cento di probabilità in più di sviluppare l’Alzheimer e il doppio del rischio di incorrere nella demenza.
Curare la depressione per prevenire l’Alzheimer
“L’ipotesi che si fa – commenta Marco Andrea Riva del Dipartimento di Scienze farmacologiche e biomolecolari dell’Università di Milano – è che curando la depressione possa diminuire l’incidenza di demenza e che gli antidepressivi non siano una terapia per l’Alzheimer (utile una dieta corretta), ma rappresentino una forma di protezione . Il trattamento della depressione ha infatti un effetto sia sul recupero del funzionamento individuale e sociale dell’individuo che di stimolo sulla plasticità cerebrale e la creazione di nuove connessioni”.
Un altro fattore che incide molto sul rischio di insorgenza di Alzheimer è anche la presenza di malattie cardiovascolari, diabete e ipertensione. Ecco perché diventa sempre più importante intervenire con la prevenzione della malattia degenerativa, con l’avanzare dell’età. Negli anni sono stati sviluppati nuovi strumenti in grado di diagnosticarla per tempo nel 90% dei casi o di lenirne gli effetti sulla memoria. Le stime dell’Organizzazione mondiale della Sanità e dell’Alzheimer’s Disease International rivelano che nel 2013 le persone con demenza in tutto il mondo erano 44 milioni, contro i 35 milioni del 2010.