Gli studiosi inglesi hanno chiamato “aquaholism” il fenomeno per il quale bere acqua acqua diventa un’esigenza compulsiva, innescando una dipendenza analoga a quella dalle droghe

Chi avrebbe mai pensato che bere acqua potesse fare male? Il nostro organismo, composto per la maggior parte d’acqua, ha bisogno di rimanere idratato: ecco perché si consiglia di berne tanta durante nell’arco della giornata.

Bere diventa un’ossessione

Eppure, ci sono persone che avvertono la necessità di bere anche quando sono già idratate. Proprio indagando su questo fenomeno di recente la scienza ha scoperto l’interruttore che accende e spegne la sete, localizzato nell’ipotalamo. Chi beve continuamente, ha spesso la sensazione di avere la gola secca, suda molto oppure si attacca alla bottiglia dell’acqua solo per la convinzione che sia indispensabile per bruciare i grassi in eccesso. Questi sono i presupposti che trasformano un semplice gesto come il bere in un’ossessione, un’abitudine compulsiva a cui alla lunga non si può più rinunciare. Aquaholism è l’espressione nata per indicare questo disturbo, dall’unione della parola latina “aqua” e la finale di “alcholism”.

Un bisogno indotto dal cervello

Ma cosa accade nel cervello di chi è dipendente dall’acqua? I soggetti che sviluppano questa ossessione cominciano a pensare che molta acqua in corpo sia naturale, per cui quando si smette di bere il cervello la richiede con forza, causando un fenomeno simile alla crisi di astinenza dei drogati o degli alcolisti. Se è vero che medici e dietologi invitano a bere acqua, il consumo massimo nella giornata non dovrebbe superare i due litri. E’ dimostrato infatti che bere troppa acqua affatica i reni, che se vengono sovraccaricati vanno in tilt e potrebbero non funzionare più correttamente. Bere troppo potrebbe anche portare a eccessiva sudorazione e ripercussioni psicologiche come facile nervosismo e ansia, oltre a possibili malattie cardiovascolari.

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