Nell’ultimo “Living Blue Planet” il Wwf lancia un allarme che riguarda la fauna marina, che è drasticamente diminuita negli ultimi 40 anni a causa degli eccessi di pesca e dei cambiamenti climatici

Dal 1970 al 2012 il Wwf denuncia che le popolazioni mondiali di pesci e di mammiferi, uccelli e rettili marini si sono dimezzate. I motivi sono diversi, dagli eccessi di pesca alla distruzione degli ecosistemi marini, dovuta anche al cambiamento climatico.

Il collasso degli ecosistemi oceanici

Tra la fauna marina chi ne ha fatto le spese maggiori sono pesci come il tonno e sgombro, in declino del 74%. Il direttore generale del Wwf International Marco Lambertini spiega che nell’arco dell’ultima generazione “l’attività umana ha gravemente danneggiato l’oceano catturando pesci più velocemente di quanto questi possano riprodursi. Il collasso delgli ecosistemi oceanici – avverte – potrebbe innescare un grave declino economico, e minare la nostra lotta contro la povertà e la malnutrizione”.

In pericolo soprattutto il Mediterraneo

Sotto i riflettori è soprattutto il Mar Mediterraneo, dove è aumentato anche l’inquinamento da petrolio, perché essendo un bacino semichiuso risulta particolarmente minacciato anche dal surriscaldamento globale. La sua conformazione fa sì che registri un aumento delle temperature doppio rispetto ai più grandi oceani.

“Il Mediterraneo è sovrasfruttato: ogni anno vengono pescati 1,5 milioni di tonnellate di pesce, con il 85% degli stock sovrapescati e l’89% esauriti”, dice Giuseppe Di Carlo, direttore del Mediterranean Marine Programme del Wwf. “Tale situazione mina la sostenibilità dei mezzi di sussistenza di molte persone, specialmente nelle comunità costiere”.

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Cosa fare per correre ai ripari? Il Wwd spiega che per invertire questo processo i leader mondiali dovrebbero assicurarsi che il recupero degli oceani e la salute degli habitat costieri rientrino tra gli obiettivi prioritari di sviluppo sostenibile dell’Onu, che saranno approvati nel corso di questo mese.