Nuove speranze per combattere l’Alzheimer dalla sperimentazione di un farmaco che ripulisce il cervello dalle placche di amiloide

I primi risultati dopo l’utilizzo sono promettenti: il nuovo anticorpo è in grado di ridurre nel cervello le placche di amiloide nelle fasi iniziali dell’Alzheimer. Pubblicati sulla rivista Nature dai ricercatori dell’Università di Zurigo, questi risultati potrebbero rappresentare una svolta decisiva nella lotta contro questa malattia neurodegenerativa. Finora si è cercato di arginare l’Alzheimer mettendo in atto scelte di vita preventive, che rallentassero l’incedere della demenza senile e preservassero l’integrità dei neuroni. Un gruppo di ricercatori australiani di recente ha annunciato di poter mettere a punto entro 2-3 anni un vaccino contro la malattia, per la cui prevenzione è stata anche realizzata una capsula in grado di ripulire il cervello.  

Declino cognitivo rallentato

Aducanumab è un anticorpo monoclonale al momento testato sugli animali, ha dimostrato di attaccare in modo mirato le placche di beta-amiloide presenti nel cervello, portando alla loro eliminazione senza intaccare la proteina precursore dell’amiloide, che ha un ruolo fondamentale nella crescita delle cellule nervose. L’anticorpo che “insegna” al sistema immunitario a riconoscere le placche ha contribuito al rallentamento del declino cognitivo in tutti i pazienti a cui è stato somministrato durante i test.

Dopo 54 settimane di trattamento la beta-amiloide è risultata significativamente ridotta nel cervello dei pazienti che hanno ricevuto l’anticorpo, e una maggiore riduzione si è constatata in presenza di livelli più elevati del farmaco.

Verso una nuova terapia entro il 2020

“Valuto questo studio molto importante e incoraggiante e ho l’impressione che, con le dovute cautele, ci stiamo avvicinando a una soluzione concreta per curare l’Alzheimer. È decisamente passo in avanti” – ha commentato Marco Trabucchi, il presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria e Direttore Scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatria di Brescia. La novità più rilevante è rappresentata dalla riduzione contestuale anche dei sintomi.

Gli effetti collaterali sono stati reputati non gravi, come l’accumulo di liquido nel cervello in alcuni pazienti che accusato una forte emicrania.

Ora è prevista una sperimentazione su 2700 pazienti affetti da forme lievi o moderate di Alzheimer e, se i risultati confermeranno l’efficacia del farmaco, è prevista una nuova terapia entro il 2020.

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