Ricostruito un albero genealogico con 13 milioni di persone imparentate tra loro

Si va dai tempi di Cristoforo Colombo fino ad oggi, spaziando tra Europa e Nord America; a ricostruire il più vasto albero genealogico dell’umanità ci ha pensato un team di ricercatori di alcune università americane guidate dalla Columbia University (New York). Un lavoro enorme, che dalle relazioni tra i membri di questa super famiglia allargata, offre importanti informazioni sui cambiamenti migrazioni, cambiamenti di abitudini e cultura, salute e longevità delle persone.

La mania per le ricerche genealogiche

Ormai su Internet sono molto diffusi i portali che offrono servizi per aiutare nella ricostruzione delle proprie radici familiari: si va dalle ricerche sui database, di cui sono appassionati soprattutto gli americani, fino ai test del DNA per verificare più precisamente le parentele o rami sconosciuti della famiglia.

Yaniv Erlich, principale autore dello studio, è a capo del reparto scientifico di MyHeritage, una delle aziende che operano in questo settore, proprietaria della piattaforma Geni.com – da cui sono stati presi i dati.

I ricercatori hanno infatti attinto a oltre 86 milioni di profili pubblici del sito, ognuno corrispondente a una persona con le sue connessioni, e si sono avvalsi di strumenti matematici per organizzare i dati e ricostruire un enorme “albero”, dotato di innumerevoli ramificazioni che vanno indietro nel tempo di molte generazioni.

I cambiamenti della struttura familiare

Ne è emerso un interessante quadro sulle trasformazioni della società e della struttura familiare. Per fare alcuni esempio, prima del 1750 la maggior parte degli americani trovava moglie nel raggio di 10 chilometri dal luogo di nascita; nel 1950, la distanza si è allungata a 100 chilometri. Inoltre nell’Ottocento ci si sposava in media con un quarto cugino, mentre oggi il partner risulta collegato a noi da almeno sette gradi di parentela.

I ricercatori hanno anche cercato di capire quale ruolo abbiano i geni nel determinare la longevità, rispetto alle abitudini di vita, paragonando la durata della vita di ciascuno dei punti dell’albero con quella di genitori e parenti più o meno vicini. I risultato mostrano che i geni contano solo per circa il 16 per cento, quindi avere dei buoni geni può allungare la vita in media di cinque anni, che tutto sommato non rappresentano un grande vantaggio.

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