Uno studio americano ha messo in correlazione il morbo di Alzheimer con le infezioni del comune herpes virus
Non è la prima volta che il morbo di Alzheimer viene associato a un’infezione da virus, tanto che le prime ipotesi risalgono agli anni ’50 del secolo scorso, anche se finora non era mai stato dimostrato scientificamente. Oggi sembra che questa ipotesi raccolga dati significativi a sostegno, grazie a una ricerca dei Dipartimenti di genetica e scienze genomiche presso la Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York. Secondo lo studio, guidato dal genetista Joel Dudley, ricercatore presso l’Istitute for Next Generation Healthcare dell’ateneo americano e membro dell’ASU-Banner Neurodegenerative Disease Research Center, il morbo di Alzheimer potrebbe essere correlato alle infezioni del comune herpes virus. Gli studiosi hanno analizzato le informazioni su centinaia di cervelli di persone che in vita avevano manifestato sintomi di varie forme di demenza, organi messi a disposizione da tre banche dati che fanno capo al consorzio Accelerating Medicines Partnership – Il morbo di Alzheimer (AMP-AD) del National Institutes of Health.
Alla ricerca di bersagli farmacologici
L’idea era quella di trovare nuovi bersagli per terapie farmacologiche, ma dall’analisi statistica dei dati genomici è emersa una nuova correlazione: il DNA e l’RNA di herpesvirus umani – HHV-6A e HHV-7 – erano più abbondanti nel tessuto cerebrale dei malati di Alzheimer, inoltre maggiori concentrazioni di frammenti genetici corrispondevano a un quadro clinico di demenza più grave. Nei cervelli delle 622 persone che avevano manifestato segni di Alzheimer la concentrazione dei due virus è risultata doppia rispetto a quella osservata nei cervelli con altre forme di neurodegenerazione.
“Sono andato alla ricerca di bersagli farmacologici e tutto quello che ho trovato sono stati questi virus disgustosi”, ha dichiarato Dudley. “Non abbiamo provato a cercare ciò che abbiamo trovato, nemmeno lontanamente, stavamo provando a cercare farmaci per curare i malati di Alzheimer, ma i modelli emersi dalla nostra analisi statistica hanno puntato tutti verso la biologia virale”, ha aggiunto lo studioso.
Anche se ancora controversi, i dati meritano di essere approfonditi, soprattutto perché questi virus agendo lentamente nel cervello possono favorire l’accumulo delle placche di beta amiloide, considerate la prima ‘fonte’ per il morbo di Alzhiemer assieme all’accumulo della proteina tau.
Sempre più vicini a una cura
Tuttavia chi viene colpito dall’herpes labiale non deve per questo preoccuparsi di ammalarsi anche di Alzheimer, dato che al momento si tratta solo di uno studio statistico, privo di basi scientifiche che provino un rapporto di causa-effetto.
I passi avanti fatti negli ultimi anni nell’ambito della lotta contro l’Alzheimer stanno portando a risultati sempre più concreti nella direzione di una cura definitiva della malattia, che sembra si possa trasmettere attraverso il sangue. Recentemente è stato scoperto un composto che potrebbe prevenire la progressione della malattia, mentre un gruppo di scienziati italiani ha individuato il ruolo chiave di una regione cerebrale nello sviluppo dell’Alzheimer; un’ulteriore speranza arriva oggi da uno studio della Cleveland Clinic, che avrebbe individuato in un composto la soluzione per prevenire la progressione di questa patologia, considerata la piaga dell’epoca moderna.