La diagnosi è basata su un prelievo di sangue e un elettroencefalogramma

A breve sarà possibile predire chi si ammalerà di demenza grazie a due semplici test economici e non invasivi: un esame del sangue e un elettroencefalogramma (Eeg). A svilupparli è uno studio condotto a Roma da neurologi, genetisti e bioingegneri della  Fondazione Policlinico Gemelli Irccs – Università Cattolica, in collaborazione con l’Ircss S. Raffaele Pisana e pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Annals of Neurology

Una doppia analisi

“Quella che abbiamo messo a punto è una strategia estremamente accurata che ci fornisce sia risultati genetici, condotti grazie a un semplice prelievo del sangue, che informazioni sulla connettività cerebrale, grazie all’elettroencefalogramma. Due analisi che prese insieme sono in grado di dirci se una persona è a rischio o meno di sviluppare demenza con elevata accuratezza”, spiega Paolo Maria Rossini, direttore dell’Area di Neuroscienze del Gemelli e ordinario di Neurologia all’Università Cattolica di Roma.  Rossini aggiunge: “Dico demenza, e non Alzheimer o demenza fronto-temporale o altro tipo di demenza, ad esempio, perché queste analisi ci consentono di fare una scrematura di primo livello nella popolazione”.

Una prima scrematura

Questo doppio test è pensato per chi soffre di un lieve deficit cognitivo – in Italia sono circa 735mila – di cui solo la metà svilupperà un disturbo di demenza più complesso nel giro di qualche anno dalla diagnosi.
“Se la persona con piccole défaillance cognitive misurabili dai test neuropsicologici risulta positiva al doppio test, potrà poi procedere con esami più specifici, come Pet, puntura lombare e risonanza magnetica per una diagnosi più precisa della malattia neurodegenerativa in questione. Questo consentirebbe – continua Rossini – da un lato di evitare esami invasivi a tutti quei pazienti non destinati a sviluppare forme di demenze, dall’altro di iniziare fin da subito il trattamento farmacologico già in questa fase (ci sono dati che dimostrano una maggiore efficacia dei farmaci attuali se iniziati precocemente) oltre all’adozione di uno stile di vita consono a posticipare l’età d’esordio della malattia e, forse, a rallentarne la velocità di progressione”.
E’ di pochi giorni fa la notizia che dello sviluppo di un farmaco sperimentale che promette di cambiare la vita di molte persone affette dal morbo di Alzheimer, rallentando il processo di decadimento cognitivo e riducendo quindi la perdita dei ricordi.

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