Alzheimer, scoperta la molecola che ringiovanisce il cervello

La malattia si potrà diagnosticare con anni di anticipo rispetto alla comparsa dei sintomi

La ricerca scientifica nell’ambito della diagnosi precoce dell’Alzheimer ha fatto importantissimi passi avanti negli ultimi anni.
Non è la prima volta infatti che si parla di un possibile esame del sangue per predire in anticipo lo sviluppo della malattia: già nel 2015 uno studio del King’s College di Londra aveva individuato una proteina nel sangue che in determinate concentrazioni può essere considerata indice di Alzheimer, mentre
un altro studio del San Raffaele di Milano aveva scoperto una sostanza bianca nel cervello che rivelerebbe alcune forme giovanili.

A confermare la possibilità di sfruttare un marcatore nel sangue per individuare la presenza della malattia con anni di anticipo rispetto alla comparsa dei sintomi è oggi uno studio dell’Università di Washington, in collaborazione con il Centro tedesco per le malattie neurodegenerative (Dzne), l’Istituto Hertie per la ricerca clinica sul cervello (Hih) e l’Università di Tubinga.

Come funziona

Anche questa ricerca ha individuato la presenza di una proteina “spia” del danno cerebrale provocato dalla malattia già allo stadio iniziale, ma la novità di questo lavoro sta nell’aver messo a punto un test del sangue universale per la valutazione dei danni al cervello. Questo esame non va a ricercare un marcatore specifico dell’Alzheimer come la proteina beta-amiloide, ma una proteina filamentosa, chiamata Nfl, che fa parte dello “scheletro” interno dei neuroni.

Se le cellule nervose vengono danneggiate, Nfl fuoriesce nel liquido cerebrospinale che avvolge cervello e midollo spinale, entrando in circolo nel sangue. Condotto su oltre 400 persone, di cui 247 portatori dei geni dell’Alzheimer precoce e 162 familiari san, lo studio ha dimostrato che l’aumento della proteina Nfl nel sangue è indice del danno cerebrale, permettendo quindi di prevedere come si svilupperà in futuro la malattia.

Un test universale

“Siamo stati in grado di prevedere la perdita di massa del cervello e i deficit cognitivi che si sono poi verificati due anni più tardi”, ha spiegato il ricercatore Mathias Jucker del Dzne.

“Questo marcatore del danno cerebrale potrebbe essere facilmente inserito nei test di screening usati in neurologia”, ha aggiunto il radiologo Brian Gordon dell’Università di Washington.

“Lo abbiamo validato in malati di Alzheimer perché sappiamo che il loro cervello va incontro a una forte neurodegenerazione, ma questo marcatore non è specifico: alti livelli nel sangue potrebbero essere la spia di molte malattie neurologiche e traumi”.

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