Come salvare il prossimo decennio?


Visioni, scenari e miraggi


«Oltre alle regole è vitale la produzione di conoscenza»


Lasciando alle spalle il “Medioevo prossimo venturo”, in cammino sulla “via della ragione” può capitare di imbattersi nel più razionale dei liberi pensatori, Roberto Vacca (www.robertovacca.com). Con gli altri suoi colleghi, ingegneri elettronici, esperti di scenari globali e previsioni tecnologiche, non c’è partita: cultura enciclopedica, timbro di voce alla Gassman, ironia alla Flaiano, più “fico” di Sean Connery e quel guizzo laterale che fa la differenza. In lui l’anima dell’uomo di scienza prevale su quella del letterato. La sua scrittura è chiara come una formula matematica. Le sue ipotesi sono costruite come teoremi da dimostrare. Nel suo libro “Patatrac, crisi: perché? Fino a quando?” (Garzanti, 2009) ha analizzato le cause delle turbolenze economiche in atto.


Come andrà l’economia mondiale nei prossimi mesi? L’innovazione continuerà ad accelerare anche se i finanziamenti caleranno?


Per Roberto Vacca «non c’è bisogno di rileggere G.B. Vico per ricordare che la storia si ripete» e «non basta usare formule matematiche per pretendere di avere eseguito analisi scientifiche credibili».


Avevo dieci anni quando lessi per la prima volta “La morte di megalopoli” (Mondadori, 1974). Il sottotitolo era “l’ultima spiaggia del progresso” e prefigurava la vita di una grande arteria di New York nel 1993. All’epoca, Roberto Vacca insegnava, già da quindici anni, Automazione del Calcolo all’Università di Roma e da allora i suoi libri hanno rappresentato un fascio di luce per intere generazioni di ingegneri e manager.


Ultimo in ordine di tempo, un libro particolare dal titolo “Memi – Concetti, idee, parole” che l’autore ha deciso di non pubblicare, ma di diffondere nella comunità degli spiriti affini.


Data Manager: Partiamo dal suo ultimo lavoro “Memi – Concetti, idee, parole”. Quali collegamenti si possono fare con il suo precedente libro “Patatrac”?


Roberto Vacca: “Patatrac” è un saggio che tratta problemi generali di previsione dei prossimi svolgimenti della crisi economica – e anche questioni connesse di previsione socio-economica, tecnologica, energetica. Ne ho scritto la continuazione col titolo provvisorio “Salvare il prossimo decennio” che consegnerò a Garzanti in settembre. “Memi” – invece – è la mia storia intellettuale personale che non ho pubblicata, ma stampata per amici. Racconta come parlare con spiriti immortali. Esistono, non sono definiti da frasi vaghe, né evocati da sentimenti che ciascuno sperimenta a modo suo. La loro conoscenza non è trasmessa con parole, secondo alcuni sublimi o sacre. Gli spiriti si manifestano ove sono cervelli umani. Diventano immortali se esprimono “memi” – ovvero abilità, idee, parole, musiche, teorie – che si replicano entrando in altre menti. Queste li accettano e li diffondono esprimendoli di nuovo con parole dette o scritte, immagini, formule, strutture, schemi. Racconto come ho acquisito “memi” dai miei maestri e ricostruisco le fonti da cui loro li hanno attinti.

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Quale futuro è possibile prevedere tra crescita e decrescita e apocalittici del “climate change”?


Crescita e decrescita economica sono processi complicati. In “Patatrac” mostro come anche i migliori Nobel per l’economia non siano capaci di prevederne gli sviluppi futuri. Gli apocalittici del “climate change” vanno ignorati. I più bravi fra loro hanno elaborato modelli matematici del clima terrestre con cui pretendono di calcolare il clima del 2100 – ma ammettono di non poterli usare per calcolare il clima a due, tre, 10 anni. Sono punti di vista peculiari e ovviamente inattendibili.


È possibile costruire coi numeri visioni plausibili del futuro?


Io uso da 30 anni software basato sulle equazioni di Volterra e produco previsioni quantitative di sviluppo e declino, di settori industriali, fonti di energia, parchi automobilistici, epidemie, fenomeni naturali – di processi per i quali siano disponibili serie storiche di misure attendibili. Produco, quindi, descrizioni quantitative accurate – e plausibili. Non pretendo certo di calcolare l’avvenire, ma in alcuni casi le mie proiezioni si avverano. Calcolai nei primi anni 80 che la popolazione di auto in Italia avrebbe teso a 35 milioni e che l’epidemia di Aids si sarebbe fermata a poche migliaia di casi – oltre a proiezioni sui consumi energetici e altro. Le cose sono andate proprio così – 30 anni fa non lo garantivo: lo suggerivo ragionevolmente.

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Quale futuro energetico ci attende?


Un avvenire energetico accettabile deve mirare anzitutto a razionalizzare le attività umane – trasporto, distribuzione, comunicazioni, impiego tempo libero – e innalzare livelli di uso e di competenza nel campo della tecnologia della comunicazione e dell’informazione. E-mail e Web possono ottimizzare rendimenti, decisioni, logistica – se usati in modo razionale, da utenti addestrati bene. Sarebbe necessario mirare a una pianificazione internazionale di produzione e uso di energia. L’idroelettrico potrà fornire l’equivalente di oltre 1.000 grandi centrali nucleari. Il fotovoltaico risolverà gran parte dei problemi, se riusciremo a passare da rendimenti del 15% a 75%. Centrali nucleari modulari a sicurezza intrinseca potranno contribuire notevolmente a rendere disponibile energia sicura.


Quanto contano le regole?


Le regole sono vitali. Buona parte della crisi Usa è stata causata dal rilassamento, durante la presidenza Reagan, delle garanzie date dagli istituti finanziari e dalle regole originariamente imposte ai tempi del New Deal. Oltre alle regole è vitale la produzione di conoscenza: insegnamento e addestramento nelle scuole superiori e avanzate, ricerca e sviluppo. In “Patatrac” riporto i dati su Pil mondiale: il Pil dei 10 Paesi asiatici più avanzati ha appena superato quello di Usa ed Europa insieme. Il fattore sottostante è dato da ricerca e sviluppo.


La politica si rivolge ai tecnici e le imprese ai manager. Questi ultimi chiedono agli economisti e gli economisti agli scienziati. A chi bisogna credere?


Non bisogna credere a nessuno. Bisogna innalzare drammaticamente i livelli di competenza degli insegnanti di ogni ordine e grado, dei manager, degli economisti, degli scienziati. Le università italiane devono attrarre i migliori professori del mondo, non sceglierli fra terne di soli indigeni.


La “globalizzazione inversa” avrà un impatto sempre più forte sull’occupazione nei Paesi dell’Occidente. A fine aprile, la disoccupazione in Italia è all’8,8% e secondo alcuni potrebbe arrivare al 15% entro l’anno. Come si affronta la questione?


Aumentare e non diminuire gli investimenti in scuola e in ricerca e sviluppo. Misurare e innalzare il livello di qualità dell’insegnamento. Da 30 anni, gli investimenti italiani in ricerca e sviluppo – pubblici e privati insieme – rappresentano circa l’uno per cento del Pil, mentre la media di quelli dei Paesi Ocse è più del doppio. Le industrie devono raddoppiare gli investimenti in R&D e diversificare a settori moderni come nanotecnologie, fotovoltaico ad alto rendimento, software avanzato.

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Come si pone la questione culturale nell’era di Internet? La rete ci rende più liberi?


La rete rende libero e potenzia chi ne sa abbastanza da distinguere i molti contenuti e fonti di alta qualità, da quelli medi o pessimi. Bisogna inserire nei programmi scolastici corsi per insegnare a usare il Web – strumento ottimo, vitale – invece che andarci a cercare giochetti o “porcheriole”. Le proposte di censura del WWW marchiano a fuoco chi le fa: oscurantisti, nemici del sapere.


Lei ha visto molti cambiamenti in cinquant’anni. Che cosa è veramente importante per lei?


Sono importanti le idee giuste sul mondo, se sono condivise da tanta gente, l’obiettivo è creare una società libera, colta, varia e controversa.


Qual è il suo rapporto con la tecnologia?


Ho un buon rapporto con la tecnologia, ma depreco le strutture “straingegnerate”, over-engineered, le complicazioni eccessive, il ricorso a tecnologie informatiche non trasparenti e rischiose con troppe migliaia di linee di codice usate in modo automatico per governare processi neanche ben compresi dagli operatori, specie se lo scopo è di facilitare compiti facili e inessenziali.


Le imprese in crisi saranno salvate dalle donne?


Forse sì, se ci saranno donne competenti, ma anche gli uomini competenti dovrebbero essere di più.


Che cosa è il potere per lei?


È una parola che uso raramente.


La lezione che non ha mai dimenticato?


Ce ne sono parecchie che non ho dimenticato: umane, psicologiche, scientifiche, tecniche. Mio padre mi insegnò che tutto interessa e che tutto si può imparare. La lezione che invito a non dimenticare è: «Impara almeno una cosa nuova ogni giorno». Se lo fai ti cambia la vita – se lo facessimo tutti cambieremmo il mondo.


A chi sente di dovere qualcosa?


A molti maestri, fra i quali alcuni miei antichi allievi.