Arriva dalla Spagna lo studio del fenomeno dell’ecolocalizzazione. Si tratta di un’abilità generalmente posseduta dagli animali, ma recenti ricerche hanno dimostrato che anche l’uomo è in grado di svilupparla. Grazie ad essa, persone con seri problemi di vista possono ugualmente figurarsi l’ambiente circostante grazie all’ascolto di una semplice eco e del suo rimbalzo contro gli oggetti.

L’uomo ha creato le macchine perché considerate efficienti e (quasi) infallibili. Eppure, pensandoci bene, la creazione di un computer è il frutto di un’intelligenza umana assolutamente da non trascurare. Se poi consideriamo che recenti scoperte hanno portato alla conclusione che l’uomo possiede le stesse abilità di un sonar, allora è proprio il caso di congratularci con noi stessi.
La notizia arriva dall’Università spagnola di Alcala, la quale ha iniziato a studiare il fenomeno dell’ecolocalizzazione, una sorta di sonar biologico usato da alcuni mammiferi quali pipistrelli, delfini, balene. Gli animali che possiedono questa abilità emettono suoni nell’ambiente che poi rimbalzano contro gli oggetti producendo un’eco. Gli echi sono usati per localizzare, identificare e stimare la distanza degli oggetti. Questi animali riescono a figurarsi mentalmente l’aspetto dell’ambiente in cui si trovano, senza aver bisogno di saggiarne l’organizzazione con la vista.
Gli studiosi spagnoli che si sono occupati di questa ricerca hanno pubblicato sulla rivista “Acta Acustica united with Acustica” un articolo che l’uomo è effettivamente in grado di sfruttare questa abilità. Ulteriori studi hanno dimostrato che l’ecolocalizzazione è più sviluppata in soggetti che soffrono di deficit visivi. Daniel Kish, direttore esecutivo del World Access for the Blind, affetto da cecità, fin da piccolo ha elaborato una personale tecnica di ecolocalizzazione. Questa consiste nello schioccare la lingua per orientarsi grazie al suono prodotto, che per i comuni mortali risulta quasi impercettibile. Grazie al rumore riesce ad orientarsi e soprattutto, individuando il percorso dell’eco riflessa dagli oggetti, si figura lo spazio che lo circonda senza bisogno di osservarlo. Se non avesse avuto questo dono Kish non avrebbe potuto compiere azioni come andare in bicicletta o correre. L’ecolocalizzazione rende chi la possiede un autentico sonar in carne ed ossa, che percepisce l’entità degli oggetti vicini, la loro grandezza, la loro posizione, il materiale con cui sono fatti.
Lo studio approfondito dell’ecolocazione ha permesso di scoprire che il suono migliore per l’ecovisione è il palatal click, lo schiocco prodotto dalla parte frontale della lingua. Si tratta infatti di un suono semplice, ma allo stesso tempo ricco di frequenze. Più numerose sono le frequenze, più informazioni avrà il nostro cervello per ricostruire mentalmente l’ambiente circostante.
Ecco che la natura ha provveduto a donarci tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Forse, allenandosi seriamente, un giorno, sarà possibile diventare più efficienti del sonar più avanguardistico del mercato.

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