I Paesi dell’Unione continueranno la compravendita di quote di gas serra con i prezzi attuali nonostante le richieste degli ambientalisti

L’Unione Europea, che sta valutando la proprosta di Google di etichettare i propri servizi sul suo motore di ricerca, ha deciso di mantenere invariati i costi delle quote di emissione di CO2. Dal 2005 è in vigore il sistema Ets, che permetter ai diversi Paesi, fissato un tetto massimo di diffusione di gas serra, di vendere o comprare quote fra di loro senza superare il limite imposto dall’Ue.

La proposta

Il commissario europeo per la lotta al cambiamento climatico Connie Hedegaard aveva chiesto di congelare fino al 2020 le 900 milioni di tonnellate di quote di emissioni CO2 previste per il biennio 2013-2015. L’obiettivo era raddoppiarne il prezzo al fine di rendere più attraente per le imprese investire in nuove tecnologie green. Il no al provvedimento è arrivato dalla Commissione parlamentare industria, che ritiene che l’aumento dei prezzi avrebbe gravato ancora di più sull’industria europea già in crisi. “Rifletteremo sui prossimi passi da fare per assicurarci che l’Unione europea abbia un forte sistema di scambio di emissioni”, ha dichiarato la Hedegaard.

Le reazioni degli ambientalisti

Il direttore per la politica climatica europea di Greenpeace, Joris den Blanken, ha definito “un fallimento storico” la scelta dell’Unione di non alzare i prezzi delle quote di emissioni di CO2. “Dopo questo voto – ha spiegato Den Blanken – la stabilità del sistema Ets è messa in dubbio. Se non si corregge la superproduzione di permessi di emissione, esso non servirà allo scopo centrale di dissuadere gli inquinatori e promuovere gli investimenti per produzioni più pulite”

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