A un giorno dall’aggiunta di un secondo agli orologi mondiali atomici si contano i danni, concreti ma non catastrofici

Abbiamo imparato a convivere con la paura di un periodico Millennium Bug sin dal 2000. Il leap second, ovvero l’aggiunta di un secondo agli orologi atomici sparsi per il mondo per allineare il tempo misurato al rallentamento dell’asse di rotazione terrestre, poteva causare parecchi danni ai nomi più grandi, quelli che per un solo difetto di sistema avrebbero potuto causare un black-out a catena. Eppure internet è continuata a funzionare, così come i cellulari e i principali servizi digitali anche se qualche problemino, in fondo, c’è stato. I più interessati sono stati Apple, gli Amazon Web Services, Pinterest, Instagram e Netflix.

Tanto rumore per nulla, o quasi

Il 30 giugno c’è stato il lancio di Apple Music a cui è collegato lo streaming audio di Beats 1, la radio mondiale gestita dall’azienda acquisita lo scorso anno dalla Mela. Qualche ora dopo lo sbarco in rete pare che la radio abbia sofferto di problemi di stabilità risolti però tempestivamente; allo stesso modo Amazon ha dovuto affrontare un crash dei suoi siti che offrono servizi professionali ad aziende e clienti privati. Pinterest, Instagram e Netflix invece hanno subìto un’interruzione di 40 minuti. Nonostante i tre anni dall’ultimo leap second che aveva causato danni maggiori, a causa di un bug sulla distribuzione Linux usata dai Network Time Protocol che fanno da ponte tra l’ora atomica e la sincronizzazione con i server, anche questa volta internet non è passato indenne dal secondo più odiato dai tecnici. Gli esperti hanno già spiegato che diversi minuti di disservizio sono un danno cospicuo per i grandi nomi dell’hi-tech che ora sperano nell’International Telecommunications Union che ha intenzione di eliminare il secondo di troppo già da novembre.

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