Il servizio di auto in private-sharing si fermerà nel paese dal 24 luglio a causa di una dura legge approvata da Budapest

Sono tanti i modi per sopravvivere all’ondata di Uber. C’è chi, come la Francia, ha tassato l’azienda con 900.000 dollari, rea di aver messo in atto “un servizio illegale” e costringendo così la compagnia a terminare il suo business all’ombra della Torre Effeil. Altri invece, come l’Italia, non si decidono ancora circa le mosse con cui approcciare il fenomeno che, a distanza di anni, si è rivelato ben più di una meteora. Il prossimo paese pronto a bannare Uber è l’Ungheria, che dal 24 luglio vieterà la circolazione e l’offerta delle Ubercar, i mezzi privati degli autisti che hanno ottenuto il via libera dalla statunitense per offrire le corse a prezzi vantaggiosi.

Cosa succede

La data è quella dell’entrata in vigore di una legge che prevede il blocco, da parte delle autorità nazionali, di piattaforme internet che forniscono l’accesso a sistemi di comunicazione fuori legge. Tra questi vi è anche Uber che, secondo Budapest, semplifica la fruizione di attività da considerare contrarie alle norme vigenti in Ungheria. A giugno di quest’anno, il parlamento presieduto dal primo ministro dell’ala destra Viktor Orban, aveva già dato il via libera ad una legislazione che bloccasse le operazioni di Uber; quella delle ultime ore è solo la conseguenza della maggioranza posseduta al governo. Per Uber però non è detta l’ultima parola, visto che considera il ban solo come un blocco temporaneo e non una misura definitiva: “Non è un addio. Dobbiamo solo adeguarci alle decisioni della politica per il momento”. Resta difficile pensare a un dietrofront da parte di Orban e dei suoi colleghi, ma c’è da dire che oltre 16.000 persone usano periodicamente Uber nel paese, un numero che potrebbe spingere verso una regolamentazione più aperta, che contempli l’accettazione di regole per una possibile convivenza.

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