Governi, spie e aziende monitorano gli utenti tutto il giorno. Possiamo chiamarla ancora libertà della rete?

Quello stesso Facebook che pensiamo ci aiuti a rimanere in contatto con amici e parenti potrebbe essere la nostra condanna. Uno degli hacker cinesi che ha violato le strutture statunitensi di Wall Street Journal, New York Times e Apple (ma non solo) è stato identificato perché prima di terminare il suo hack ha effettuato l’accesso a Facebook dalla stessa rete utilizzata per entrare nei computer dei giornalisti del Journal. In precedenza uno dei leader del gruppo di hacker LulzSac era stato identificato e arrestato lo scorso anno dall’FBI anche se aveva adottato più di una pratica di sicurezza per proteggere la propria identità online. E per ultimo Paula Broadwell, amante del direttore della CIA David Petraeus, nonostante le precauzioni presi è caduta nella rete dei governativi dopo aver utilizzato reti pubbliche (come quelle degli hotel) per accedere alla sua casella di posta.

Grande Fratello 2.0

Le conclusioni sono semplici e nemmeno tanto affrettate: il web ci spia, o meglio, sa leggere le tracce che lasciamo sparse in rete, collegandole tra di loro e ridonandoci un nostro profilo completo, a nostra insaputa. Che ci piaccia o no siamo sorvegliati per tutto il tempo che siamo visibili in rete anzi, una volta che ci siamo entrati la nostra orma resta visibile anche se non ci dovessimo rientrare più. L’eco dei social network è forte. Una volta iscritti consegniamo la nostra anima digitale ad internet che ci “scheda” e conserva i nostri dati fin quando vuole, in barba a tutte le leggi sulla privacy. Dimenticate policy e diritti degli utenti: se qualcuno ci vuole trovare, utilizzando i social network lo farà, senza grossi problemi.

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Sorveglianza onnipresente

Secondo Bruce Schneier della CNN siamo dinanzi ad una sorveglianza “ubiquita”, la rete ci osserva in ogni momento e non solo ci osserva, ma memorizza dati su di noi e li mescola per creare un’io digitale che ci rispecchia in tutto e per tutto. Quello che si può vedere di questo particolare processo, la sua superficie, è davanti ai nostri occhi e si chiama Facebook. Il social network mettere in relazione il comportamento on line con le abitudini di acquisto e proprone banner pubblicitari coerenti con l’utente durante la navigazione. E in più, grazie allo sviluppo di smartphone e tablet, ha i dati di localizzazione degli utenti mobili, che incrociati con le telecamere a circuito chiuso di molte città, ci tengono sott’occhio, tant’è che non vale nemmeno più fare la domanda, classica dei noir cinematografici: “dov’era la notte del 19 marzo 2013?”, loro lo sanno meglio di noi dove eravamo.

Situazione di stallo

Siamo all’interno di un contesto oramai consolidato che il libero mercato non può cambiare. Come consumatori non abbiamo possibilità di scelta, tutte le grandi aziende che forniscono servizi web sono interessate a tracciare i clienti in quanto le informazioni personali sono una delle nuove leve del marketing digitale. Mantenere un certo grado di privacy oggi è praticamente impossibile, se ci si dimentica per una sola volta di abilitare le protezioni dell’antivirus o si clicca sul link sbagliato, magari ricevuto via email, il nostro nome può essere compromesso per sempre una volta uscito dall’anonimato di un semplice indirizzo IP.

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La libertà della rete non esiste

Date le premesse continuereste a dire che siamo in una rete libera? Proposte, innovazioni e “meetup” svolti su internet sono realmente la volontà di liberi cittadini del web oppure una semplice trasmigrazione dei normali processi individuali già presenti nella società? L’impressione è che siano cambiati modi e contesti ma che il controllo sociale sia rimasto sempre lo stesso. Anche coloro che dicono di portare un nuovo tipo di mentalità fondata sulla rete sono consapevoli del fatto che su, nella piramide decisionale, qualcosa può ancora essere mosso da poche persone, lobby in grado di monopolizzare le menti “social” che sono meno sociali di quando non esisteva internet?

Game Over?

Benvenuti in un mondo in cui Google sa esattamente quello che faremo stasera o nel prossimo weekend o quello che faranno i nostri figli, genitori, amici. In un’ipotetica “costruzione sociale della realtà” (dove gli avvenimenti ci sembrano che accadano per caso ma sono inconsapevolmente guidati dalla nostra volontà) sarà presto internet a dirci cosa vogliamo fare o dove andare. Benvenuti in un mondo in cui non esistono più le conversazioni private perché tutto avviene via email, testi e post pubblici e rintracciabili. Benvenuti in un mondo dove tutto quello che facciamo dal momento in cui accendiamo il computer fino a quando lo spegniamo è studiato, analizzato, conservato e passato da un’azienda all’altra senza chiedere nessun permesso o consenso. Macchina e uomo non sono stati mai così vicini, quasi da annullarsi e completarsi a vicenda, col senno di poi non proprio una cosa positiva…